Il dualismo del pensiero di Federico Baratta

Critica di Federico Baratta

Il lavoro dell’artista è caratterizzato da una continua ricerca di forme e colori all’insegna della leggerezza ma anche della complessità. È coraggiosa ricerca di un rifugio, fuga verso luoghi inesplorati, incontaminati. Come è visibile nella serie degli alberi, l’essere umano abbandona la propria condizione di agiatezza per spingersi verso una dimora naturale e al contempo primordiale.

Il ritorno alle origini rimarca il bisogno vivido di tornare a confondersi con ciò che era e che siamo in qualche modo stati.

Immergersi e riemergere in un contesto privo di qualsiasi intervento artificiale o insediamento urbano; la città rappresenta la libertà fittizia dei supermercati e dei centri commerciali. Prigioni di cemento con lo scopo di addomesticare le nostre volontà e i nostri bisogni più intimi.

Nasce l’inequivocabile sensazione di abbandonare tutto ciò che conosciamo per riabbracciare una dimensione naturale.

La conoscenza del colore e la percezione di forma sono i cardini fondamentali che costituiscono l’essenza dell’attività artistica del pittore: l’applicazione e l’utilizzo di una cromaticità acuta, fine, vivace associata a grovigli di linee nette e precise sono i tratti che rispecchiano un linguaggio artistico interiore, personale, capace di trasmettere con successo il contenuto dei messaggi.

Nella tela si percepisce l’armonia della semplicità di alcune figure, simili a sagome che intrecciandosi tra loro vivono istanti sospesi.

Ombre sconosciute e al contempo spirituali che occupano la propria quotidianità con gesti antichi, sacri: il tenersi per mano o il semplice passeggiare diventano attimi di evasione, squarci di libertà in un grigio e stridente tessuto sociale.

Lo stesso artista fornisce una chiave di lettura: “La scelta di realizzare una mostra all’interno di questa casa in ristrutturazione, perché mi hanno affascinato le loro pareti così disadorne, rovinate, invecchiate e logorate dal tempo trascorso nella quotidianità. In questo stato di abbandon-recupero si percepisce un senso di verità assoluta, di semplicità, di valori fondamentali per l’esistenza e la convivenza pacifica; la solidarietà, il bisogno di libertà e democrazia ma soprattutto il rispetto per il prossimo. Riuscire a trovare la bellezza anche in una dimora abbandonata. Cercare di recuperare il pensiero che si intreccia tra vari dualismi: essere-non essere, spazio-tempo, realtà-apparenza, finito-infinito, identità-diversità, felicità-infelicità, tutto ciò si può percepire osservando attentamente le mie opere”.

Concludo con un celebre aforisma dello scrittore francese Flaubert: “Se c’è sulla terra e fra tutti i nulla qualcosa da adorare, se esiste qualcosa di santo, di puro, di sublime, qualcosa che assecondi questo smisurato desiderio dell’infinito e del vago che chiamano anima, questa è l’arte”.

10/08/2014